In Interviste/ SoundArtist

Michele Spanghero: “il suono è sempre site specific”

Intervista a Michele Spanghero: artista italiano, nato a Gorizia nel 1979. La sua è una ricerca artistica a 360 gradi: creando un mix di arti plastiche, fotografia e musica. Nei suoi lavori, un pubblico -mai passivo- si ritrova ad interfacciarsi con la reale colonna sonora del vivere quotidiano.

Avevamo già parlato di Michele in precedenza su questo sito, in un’altro articolo che vi consigliamo di consultare per ulteriori approfondimenti.

In una precedente intervista ha sostenuto che le tematiche da lei trattate nelle sue opere sono rimaste inalterate dagli esordi, ma che al contempo è maturata la sua consapevolezza metodologica. Si è sempre distinto per le sue sculture ed installazioni site-specific. Quindi la mia domanda è, come nasce un’opera di Michele Spanghero pensata ad-hoc per una location? Qual è il metodo e l’approccio che lei affronta in questi casi?

Il mio lavoro si concentra sul rapporto tra spazio e percezione attraverso diversi media quali suono, scultura e fotografia.

Viste le tematiche che affronto, mi capita sovente di creare lavori appositamente pensati per un luogo.

Prima di affrontare l’argomento del “site specific”, bisogna innanzitutto considerare che, in un certo qual modo, il suono è sempre “site specific” perché le onde sonore interagiscono e rispondono in modo diverso da luogo a luogo,

perciò anche lavori che hanno un suono che si ripete uguale ad ogni esposizione, possono variare (anche notevolmente) nel loro effetto acustico.

Questo l’ho verificato ad esempio con la scultura Q (2012) che è stata pensata per essere esposta sia in un luogo al chiuso che all’esterno. La scultura è composta da una cisterna sferica in ferro di quasi 5 quintali che è stata modificata per diventare una scultura sonora, con all’interno un altoparlante da 400W che riproduce delle onde sonore calcolate sulle frequenze di risonanza interne della scultura.

Ovviamente, mettere un altoparlante dentro una scultura chiusa e così pesante, non è una soluzione acusticamente vantaggiosa, ma ero interessato a lavorare sull’idea del vuoto racchiuso dalla scultura. La prima occasione espositiva è stata alla fiera ArtVerona nel 2012, uno spazio molto ampio ed estremamente dispersivo. Il risultato acustico è stato diverso da quello atteso, perché, pure ad un volume alto, il suono si dissipava ed era poco incisivo. Poco dopo la fiera, l’opera è stata esposta alla rassegna d’arte Palinsesti nella sede di Palazzo Altan a San Vito al Tagliamento. All’interno del palazzo settecentesco la scultura risuonava perfettamente, al punto che ho dovuto impostare il volume di riproduzione del suono al minimo, un risultato diametralmente opposto a quello di Verona. Ora la scultura si trova permanentemente collocata all’esterno, nella collezione privata Oberrauch, ed anche in questo caso il modo i cui le onde sonore si propagano è diverso.

Michele Spanghero, Q, Art Verona
Q all’Art Verona del 2012
Michele Spanghero, Q, Palinsesti 2012-13
Q a Palinsesti 2012-13
foto di A. Ruzzier
Michele Spanghero, Q, Gandegg
Q alla collezione privata Oberrauch

Detto questo, per ritornare alla domanda iniziale, un lavoro site specific nasce ovviamente sempre dall’incontro con il luogo e con le sue caratteristiche (fisiche, ma anche storiche).

Questo è un elemento determinante ed imprescindibile.

Tuttavia, cerco anche di non farmi sopraffare dalle suggestioni estemporanee legate al luogo, e tengo sempre presente gli elementi chiave del mio lavoro per far sì che il risultato finale risulti site specific, ma che abbia anche un legame coerente con la mia ricerca. Ogni lavoro site specific mi porta dunque a interrogarmi sulle tematiche del mio lavoro e a chiedermi se siano ancora stimolanti per me e per il pubblico; perciò ogni lavoro è stato un importante passo in avanti ed ha consolidato la mia ricerca.

Da questo punto di vista, posso citare due lavori che ritengo siano stati molto importanti nel mio percorso di crescita: l’installazione Audible Forms (2013) per il Mart di Rovereto è stata davvero una sfida complicata per i molti fattori simultaneamente in campo (sperimentazione acustica, conservazione delle statue in collezione, interazione con il pubblico, sicurezza, manutenzione…), ed è risultata essere una tappa fondamentale per lo sviluppo della mia ricerca, grazie anche al serrato dialogo col curatore del progetto Denis Viva e alla direttrice Cristiana Collu. Ancora oggi ritengo quell’installazione come uno dei miei interventi di cui sono più convinto.

Michele Spanghero, Audible Forms, Mart di Rovereto
Michele Spanghero, Audible Forms

L’altro progetto a cui sono particolarmente legato, è l’installazione ppp–pianopianissimo (2015) realizzata per gli spazi del Centro Studi Pasolini a Casarsa in cui ho, per la prima volta, lavorato con materiale d’archivio e con la voce umana in forma intelligibile. Poter utilizzare un enorme archivio di interviste in gran parte inedite di Pasolini è stato un onore, ma è stato molto difficile staccarsi dal rispetto per l’autore e riuscire a creare un lavoro originale che non fosse didascalico.

La sua formazione è stata per molto tempo “lontana” dal settore artistico. Che cosa l’ha portata ad affrontare la carriera da soundartist? Quali sono stati le sue fonti d’ispirazione?

Riguardando indietro, la mia formazione è sempre stata nell’ambito artistico, anche se non non nel settore specifico delle arti visive. Mi sono occupato soprattutto di letteratura, teatro e musica. L’approccio con l’arte contemporanea è giunto in età matura, ma proprio per questo come scelta consapevole, perché ho trovato un ambiente dove l’eclettismo dei miei interessi trovava una sintesi.

Ho più volte affermato che per me l’esperienza formativa più importante è stata il teatro perché da esso ho assorbito molte conoscenze e un approccio istintivamente multidisciplinare. In sintesi credo che il percorso che mi ha portato a diventare un sound artist si sia basato sulla curiosità e sul desiderio di sperimentare nel campo della musica fino al punto in cui ho realizzato di essere interessato di più al suono in sé, che alla musica (intesa come organizzazione di suoni). Le mie fonti di ispirazione sono molte e soprattutto musicali, i primi nomi che mi vengono in mente sono Luigi Nono, Giacinto Scelsi, Alvin Lucier, la musica glitch…

Michele Spanghero, Dìa, Tuileies
Michele Spanghero, Dìa, Tuileies

La particolarità dei suoi lavori è che nella maggior parte dei casi invitano ad un’interazione diretta con l’opera. Mi vengono subito in mente Dìa o Pebbles. Allo stesso modo però ha sperimentato anche lavori in cui non erano previste persone. Monologue ne è l’esempio lampante. In un momento storico in cui si mettono in discussione e si stravolgono le regole della socialità, secondo lei verrà meno anche l’interattività – di cui spesso le installazioni sonore necessitano per poter essere tali? O comunque, si ricorrerà a soluzioni alternative?

Credo che il mondo in cui viviamo sia già così intensamente legato ad una costante interazione tecnologica uomo/macchina, che replicarla nell’arte risulti pleonastico o perlomeno didascalico. Non sono interessato alle installazioni cosiddette interattive, anche perché la tecnologia che ci circonda quotidianamente è così sofisticata, che, per realizzare un’installazione che lasci il segno, è necessario puntare sullo stupore e si rischia di cadere nel mero effetto speciale… Penso invece che sia importante ritornare ad un rapporto più diretto e intenso (in questo senso interattivo) con l’opera. Bisogna considerare che il suono è un medium che crea una forma di percezione dinamica, attiva, che richiede partecipazione consapevole del pubblico, perché il suono prevede una fruizione dello spazio e del tempo.
Non credo perciò che, nel caso delle opere sonore, si possa prescindere da una forma di interattività nel senso etimologico (inter-agere, relazione reciproca).

In una società che è sempre più coinvolta in un ascolto privato del suono, con la conseguenza di isolarsi pubblicamente attraverso il suono (si pensi all’ascolto di musica in cuffia nei metro)

è importante riappropriarsi del valore collettivo del suono e ripensare all’acustica degli spazi pubblici ed in questo senso l’arte può essere un veicolo privilegiato di scoperta e riscoperta per il pubblico.

Esistono già svariate opere che possono essere fruite in modo isolato, attraverso cuffie, oppure in solitudine, ma queste sono e credo rimarranno una parte marginale nell’insieme delle produzioni di sound art.
Per quanto riguarda la mia pratica, spesso le mie opere risultano essere interattive, nonostante il loro aspetto sia prettamente scultoreo, perché esse riescono a coinvolgere il pubblico attraverso il suono.

M. S., Dìa, Tuileies
Michele Spanghero, Dìa, Tuileies

Noto ad esempio che attivano un desiderio di contatto e spesso gli spettatori tendono a toccare i miei lavori perché attratti dalla vibrazione acustica della materia. L’esperienza più intensa sinora l’ho vissuta nel 2018, quando la scultura sonora Dià (2016) è stata esposta per un mese presso i giardini delle Tuileries a Parigi come parte del programma Hors les murs. In tale occasione ho visto una partecipazione, un coinvolgimento del pubblico che è andato oltre alle mie aspettative, proprio perché la forma scultorea invitava il pubblico ad interagire ed il suono (la voce) era il tramite per questa interazione.

Ma il mio lavoro che più rappresenta il mio approccio all’interazione è Listening Is Making Sense, una serie di sculture sonore realizzate in diversi contesti dal 2012, che considero una sorta di statement della mia ricerca artistica. In Listening Is Making Sense il suono è utilizzato per dare vita alla volumetria dell’opera formata da una struttura, solo apparentemente casuale, di travi di legno, nell’intento di generare una relazione fisica tra scultura e spettatore attraverso il tatto: appoggiare l’orecchio sulle travi permette infatti di scoprire il suono nascosto che fluisce nella materia del legno, altrimenti inudibile dall’esterno. Questa interazione è il movente del lavoro, perché, come afferma il titolo, è l’atto dell’ascolto a dare senso all’opera.

Michele Spanghero, corona-pausa-ersterbend
MIchele Spanghero, Corona, 2020

E’ riuscito a creare qualcosa in quest’ultimo periodo nonostante la situazione?

Ho pensato che la cosa migliore da fare in questo periodo fosse stare in disparte e usare questo tempo in famiglia per riflettere. Non ho lavorato alla produzione di alcun lavoro nuovo ed ho sintetizzato questo approccio attraverso un disegno/spartito pubblicato sul profilo instagram di TRA – Treviso Ricerca Arte.
Ho approfittato però della pausa per collaborare con l’artista francese Marie Lelouche, dalle nostre conversazioni via Skype abbiamo creato un progetto online, Chapter I (visibile sul sito della galleria Alberta Pane), che è un’ipotesi di lavoro da realizzarsi in futuro.

M. S, Ad-lib, 2017, ars-electronica
Michele Spanghero, Ad lib (2017-18)

In questi giorni hanno confermato la sua partecipazione all’Art Stays Festival. Le andrebbe di anticipare qualcosa a riguardo?

A breve parteciperò a questo festival in Slovenia dove esporrò Ad lib. (2017-18), una scultura sonora composta da un organo a canne che viene ritmicamente suonato da un ventilatore polmonare automatico, una macchina medica per persone con insufficienza respiratoria. È un’opera a cui sono molto legato, non solo per il consenso che sta raccogliendo (è stata esposta in Italia, Belgio, Austria, Germania, Spagna, Francia e Cina), ma soprattutto perché è il frutto di più di 6 anni di lavoro. Inoltre in questo periodo guardo a questa scultura con uno sguardo diverso: l’attuale crisi pandemica del SARS-CoV-2, che ha richiesto per migliaia di persone l’intervento della respirazione artificiale, ha dato una nuova, ulteriore valenza simbolica a quest’opera.

[Per tutte le foto courtesy dell’artista, Galerie Mazzoli (Modena e Berlino) e Galerie Alberta Pane (Parigi e Venezia)]

Tutte le fotografie all’interno di questo articolo, eccetto quella di Ruzzier, sono ad opera di Michele Spanghero stesso

Contatti dell’artista:
sito dell’artista
pagina facebook
pagina instagram
Youtube